LO ZOO DI VETRO

da Tennessee Williams

Ideazione, regia musiche e luci Rajeev Badhan
Con Giuseppina Turra, Elena Strada, Ruggero Franceschini, Diego Facciotti 
Animazioni Emanuele Kabu
Consulenza drammaturgica Franco Lonati
Costumi Alice Gazzi
Scene Rajeev Badhan, Elena Strada 
Maschere Luca Antonini
Macchinisti Luigino Marchetti, Alessandro De Pellegrin
Organizzazione Rajeev Badhan, Elena Strada, Cristiana Moritsch
Produzione esecutiva Rajeev Badhan, Elena Strada
Assistente alla produzione Giovanna Maugeri
Ufficio stampa Elena Strada, Cristiana Moritsch
Fotografa di scena Elisa Calabrese
 
Produzione SlowMachine 
on il sostegno di Fondazione Teatri delle Dolomiti, Funder35 e Fondazione Cariverona

Lo Zoo di Vetro” da T. Williams, primo successo del drammaturgo americano che sarà poi reso celebre dall’opera “Un Tram chiamato Desiderio”, “Lo Zoo di Vetro” (The Glass Menagerie), di cui la prima fu allestita nel ’44, è un dramma dalle fortissime connotazioni autobiografiche. Opera di rara delicatezza poetica, di simbolica visionarietà e d’innovazione letteraria, Lo Zoo di Vetro presenta, come rinchiusi in un serraglio delicatissimo ma d’infrangibile sostanza, cinque “personaggi della memoria”: Tom, simbolico alterego dell’autore e guida della nostra immaginazione, sua madre Amanda, sua sorella Laura, l’immagine del Padre e Jim, un giovanotto in visita o “quel qualcosa da lungo atteso ma sempre rinviato per il quale viviamo”

Ho puntato a dare nuova vita a questo classico con un forte lavoro sulla recitazione degli attori anche attraverso l’elemento del video. Elemanto che trasporta lo spettatore all’interno dell’universo soggettivo del ricordo e in quello dell’isolamento e della fantasia, nelle menti dei protagonisti di questo dramma, chiuse nella loro “diversità”. Come definito dall’autore stesso, Lo Zoo di Vetro è dramma del ricordo, e il ricordo è selettivo, vive nella sua soggettività, è liquido e trasparente, dai contorni poco definiti e fragile come il vetro. “Il ricordo rapisce gli occhi, ha una sua realtà, un suo pensiero”.

Rajeev Badhan


“…la verità, o vita o realtà è una cosa organica che la fantasia poetica può rappresentare o suggerire, nella sua essenza, solo attraverso una metamorfosi cambiandola in altre forme da quelle che erano presenti nell’apparenza.”

Tennessee William

VIDEO
FOTO
STAMPA

La regia di Badhan fa affidamento all’elemento video a cui è assegnato il compito di etichettare e soggettivare il ricordo facendo di tutto immaginazione scontornata come quella della memoria, alla quale si rifà pure l’allestimento scenico, privo di un’oggettistica identitaria, parte integrante della scenografia che definisce e caratterizza un allestimento. Ma esiste un espediente ben più importante […], e sta nella relazione che coinvolge gli attori. Quattro figure che devono aver intrapreso un percorso di conoscenza che pare esuli persino da quello lavorativo: Giuseppina Turra, la stessa Elena Strada, Ruggero Franceschini e Diego Facciotti operano facendo attenzione a ricevere gli uni dagli altri. […] Essi, facendo riferimento a se stessi e al condizionamento che agenti esterni operano su di loro, fanno dell’astrattezza una figura di carne, allo stesso modo in cui l’assenza è più evidente delle presenza stessa. […] È così che si può permettere agli anni anagrafici di un testo di trasmigrare facendosi attualità, soprattutto emotiva“ 

Francesca Pierri, TEATRO E CRITICA. Aprile 2017

“Rajeev Badhan dirige un dramma dai toni scuri che si muove nel rapporto complicato fra la madre Amanda , la bravissima Giuseppina Turra, la delicata e arrendevole figlia Laura (Elena Strada), il figlio Tom (Ruggero Franceschini) […],Jim O’Connor (Diego Facciotti) […].Un allestimento particolare che unisce alla recitazione, immagini video riprese in diretta e proiettate sullo sfondo a integrare e ingrandire momenti emozionanti.”

Lina Beltrame, IL CORRIERE DELLE ALPI, Aprile 2017.

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